Gli obblighi poco sentiti della legge 150

Il Sole 24 Ore - Guida agli Enti Locali Numero 8 del 23/02/2008 Pagina 15

La programmazione annuale degli obiettivi di comunicazione fa parte dei doveri non derogabili delle amministrazioni che dovrebbero essere applicati anche a livello locale. Obiettivo delle norme di riferimento, quello di promuovere la trasparenza e attuare il dettato costituzionale
di Domenico Pennone


La necessità di definire azioni coerenti e programmate nell'ambito della comunicazione istituzionale è stata posta in maniera molto netta dalla legge 150 del 2000. Questa legge stabilisce contenuti e procedure per tutte le amministrazioni pubbliche, confermando in modo netto e definitivo il carattere obbligatorio della comunicazione istituzionale.

OBBLIGHI
L'articolo 11 di questa prevede che le amministrazioni statali debbano elaborare annualmente il programma delle iniziative di comunicazione che intendono realizzare nell'anno successivo. Secondo l'articolo 12 poi tutti i programmi (piani di comunicazione) delle amministrazioni statali dovranno pervenire al Dipartimento per l'informazione e l'editoria, che redigerà il piano di comunicazione nazionale sottoposto all'approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri.
La legge 150/2000 ha reso dunque obbligatorio il piano di comunicazione per le amministrazioni dello Stato, mentre per gli altri Enti tale strumento sembra restare facoltativo.
Nella stessa normativa però, con articolo 6, si sancisce un principio generale: «Ciascuna amministrazione definisce, nell'ambito del proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di Informazione e Comunicazione e al loro coordinamento». Questo articolo evidenzia, in modo netto, la volontà del Legislatore di indicare, a tutte le amministrazioni, la necessità di coordinare e definire risorse umane e mezzi che consentano di attuare l'obbligo di comunicazione. Attività che solo attraverso una precisa programmazione è possibile realizzare, ovvero attraverso uno specifico Piano di comunicazione.
Solo, dunque, con la redazione di un piano organico di comunicazione anche un Ente locale potrà dare piena attuazione agli aspetti d'indirizzo generale presenti nella legge 150/2000. Lo stesso Ente locale, con l'approvazione di un Piano di comunicazione, potrà inoltre recepire pienamente la Direttiva del ministro per la Funzione pubblica del 7 Febbraio 2002, n. 422, che ha rappresentato un ulteriore riconoscimento dell'importanza della comunicazione per le Amministrazioni pubbliche. La direttiva, infatti, indicando al punto 7 le azioni di monitoraggio necessarie per la verifica dello stato d'attuazione della legge 150 afferma: «Le amministrazioni, ...dovranno verificare, attraverso sondaggi, studi e ricerche, da affidare anche a soggetti privati, l'attuazione del piano di comunicazione annuale e misurarne l'efficacia».
Con la direttiva dunque è sancita la necessità, per tutte le amministrazioni centrali e locali, di definire sempre un proprio piano annuale di comunicazione, unico strumento capace di garantire il necessario monitoraggio delle attività di comunicazione adottate.
Il Piano di comunicazione, anche se redatto da un'amministrazione locale non soggetta a precisi obblighi di legge in tal senso, rappresenta dunque lo strumento fondamentale per garantire l'efficacia di ogni azione di comunicazione nel rispetto della legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica e istituzionale.
La legittimazione e il riconoscimento dell'informazione e della comunicazione quali funzioni legittimanti l'azione di governo nella pubblica amministrazione avviene dunque con la legge 7 giugno 2000 n. 150, e con il successivo Dpr 21 settembre 2001 n. 422. Si ribadisce in particolare il concetto base per cui le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni consentono l'attuazione dei principi di trasparenza ed efficacia dell'azione amministrativa. I cittadini/utenti da semplici destinatari passivi di norme e provvedimenti diventano punti di riferimento fondamentali dell'agire della Pubblica Amministrazione, «la comunicazione pubblica cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale dell'azione delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante» (Direttiva del ministro per la Funzione pubblica del 7 febbraio 2002).

QUADRO NORMATIVO
Un Ente locale, per garantire l'attuazione del dettato costituzionale sull'imparzialità e il buon andamento e diritto all'informazione, deve gestire e organizzare al meglio le proprie attività di comunicazione istituzionale.
Il piano di comunicazione, in questo contesto, diventa un importante strumento programmatico ed è strettamente collegato agli altri atti fondamentali come il bilancio di previsione e i documenti di programmazione economica.
Il Piano inteso come strategia, non semplice contenitore di attività o una mera elencazione di singoli progetti, assume un ruolo decisivo e si colloca in una pratica in cui difficilmente può essere prevista una figura unica e centrale a cui assegnare tutti i compiti di approvazione e gestione dello stesso.
La stesura del piano di comunicazione non può non essere il frutto di una collaborazione tra più soggetti e autorità. Innanzitutto, quando si predispone il piano, bisogna scegliere che cosa comunicare: scelta questa chiaramente da assegnare all'esecutivo che garantisce un'essenziale legittimazione strategica e politica. Seguono poi le scelte più propriamente tecniche, di forte impatto sulla pratica quotidiana della comunicazione che andranno affidate a operatori e tecnici esperti.
Nonostante questa distinzione generica di fondo tra ruolo politico e tecnico resta complicato stabilire a quali figure specifiche spetti poi concretamente approvare e gestire il piano di comunicazione.
Non esistono, infatti, regole valide per tutti e in tutti i casi. Una regolamentazione unica sarebbe sicuramente auspicabile ma, difficilmente, è possibile classificare una metodologia applicabile in tutta l'amministrazione pubblica fatta di Comuni che spesso non superano i cinquemila abitanti fino a enti complessi come le Province e le Regioni.
In via generale, è possibile che la stesura del piano di comunicazione sia affidata a un preciso e definito gruppo di lavoro tecnico che recepisce le linee d'indirizzo politico. In tal senso, il gruppo di lavoro potrebbe essere identificato proprio con quanto indicato dalla direttiva Frattini del 7 febbraio 2002 (Direttiva sulle attività di comunicazione delle Pubbliche amministrazioni). La direttiva individua nella creazione di una struttura di coordinamento trasversale - composta dal Responsabile Urp, dal Capo Ufficio stampa e dal Portavoce - le funzioni di programmazione, indirizzo e raccordo per la redazione del piano di comunicazione dell'Ente. Non è esclusa la partecipazione di tecnici esterni.
La soluzione proposta dalla Direttiva consiste, dunque, nell'istituzione di un organismo collettivo formalizzato, che è possibile costituire quando esistono tali uffici e quando l'esecutivo politico ne riconosce il ruolo.

GESTIONE E APPROVAZIONE
In ogni caso, anche quando sussistono tutte le condizioni per la sua costituzione, tale struttura non ha alcuna esplicita autorità formale. È invece opportuno che il piano di comunicazione sia approvato formalmente dal massimo organo decisionale dell'amministrazione (Giunta). Al gruppo di lavoro andrebbe affidata l'attività di stesura e coinvolgimento collettivo nella definizione del Piano. All'organo politico o tecnico decisionale il compito di approvare e quindi legittimare il piano.

Direttiva Frattini: gli obiettivi
Le pubbliche amministrazioni, attraverso gli uffici stampa, i portavoce e gli Urp e le analoghe strutture, devono:
1) garantire un'informazione trasparente ed esauriente sul loro operato;
2) pubblicizzare e consentire l'accesso ai servizi promuovendo nuove relazioni con i cittadini;
3) ottimizzare l'efficienza e l'efficacia dei prodotti-servizi attraverso un adeguato sistema di comunicazione interna

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